"Immagina una strada." Me lo chiese una ragazza, un milione di anni fa.
La conoscevo poco, e non mi ricordo di averla più incontrata dopo di allora. Ma quella sera, seduti al tavolo di un locale, insieme a vari amici lei disse ad ognuno di noi: "immagina una strada". Ognuno di noi lo fece.
La mia strada era stretta, un vicolo, pavimentato a grandi ciottoli, era così stretta che potevo toccare con le mie mani i due lati della strada. Per di più guardando a terra vedevo che era bagnata e quindi sdrucciolevole. La mia strada era stretta e difficile da percorrere.
La ragazza poi ci disse che quella strada era il modo in cui noi stessi immaginavamo la nostra vita.
Mi sembrò appropriato che la mia vita fosse così, mi sembrò adatto a me che io la immaginassi in quel modo.
Tralasciando del tutto il particolare che il mio fidanzato di allora avesse immaginato la sua strada come una bella autostrada, lucida, nera, asfaltata e con una bella e bianca linea di mezzeria al centro, il che fa comprendere quanto inadatti fossimo l'uno per l'altra, tralasciando dunque questo particolare, tralasciando il quale noi rimanemmo insieme per molti anni ancora prima di arrivare a capire che non era il caso di perseverare, quella strada che immaginai allora, quella visione, mi ha accompagnato nel tempo. Ogni tanto ho cercato di pensarne un'altra, per vedere se qualcosa in me era cambiato.