domenica 13 luglio 2014

Questa domenica pomeriggio.
Questo mese di luglio.
Sono un'ombra che si posa intorno ai miei occhi. 
Come un velo grigio, come un'ovatta sporca che si è raggruppata ai lati della mia vista e che mi opprime. Qualcosa che limita la mia visione periferica.
Intorno a me ma non molto vicino, nella stanza di una casa di un condominio giallino, c'è qualcuno che suona un pianoforte.
Mi viene in mente che possa essere un ragazzo perchè suona una musica che mi sembra maschile, ma, in realtà potrebbe essere chiunque.
Sono grata dell'esistenza di questo suono, io che mi infastidisco di ogni cosa, che ogni manifestazione dell'esistenza dei miei vicini mi nevrotizza. 
Mi sento accompagnata e la musica, con le sue pause e le sue ripetizioni, come se chi suona stia imparando e ripeta più volte un passaggio difficile, mi rende tangibile il tempo e me lo fa passare.
Appena la musica si interrompe il tempo sparisce, si ferma, viene inghiottito oppure si inghiotte da solo.
Il tempo finisce e torna ad essere l'ovatta grigia ai lati dei miei occhi.
Al centro del mio sguardo, l'unica cosa che sono capace di mettere a fuoco, non è altro che quello che non vedo più.

domenica 6 luglio 2014

Ricordo tutto. Ricordo ogni cosa.
Ogni cosa vissuta.
Ricordo anche i miei pensieri e le mie fantasie.
Spesso mi capita di ricordare anche le immagini che ho prodotto nei miei sogni. 
Qualche volta in un sogno mi è capitato di ricordare qualcosa che avevo sognato tempo prima.

Ora, ora che il tempo, e con esso il senso, mi ha abbandonato, mi capita di confondermi, di domandarmi se qualcosa che ricordo l'abbia vissuta o solo immaginata.
Vivo in un miscuglio di ricordi e di pensieri e di pontificazioni sui ricordi, e sui pensieri.
Un garbuglio faticoso e inestricabile.
Soprattutto inutile da districare.

Così, ricordo un momento, un pomeriggio, il pomeriggio del giorno in cui compivo 40 anni. 
Il tempo era brutto, pioveva, faceva vento e freddo. 
Avevamo appuntamento sotto il ponte di Port'Alba, io uscivo dal lavoro, dovevamo andare a comprare il tuo regalo per me.
Ti trovai con delle enormi buste piene di libri che non avevi potuto fare a meno di comprare: Port'Alba era il tuo regno, il tuo sogno proibito di lettore compulsivo.
Trascinammo con noi queste enormi buste pesantissime sotto la pioggia, sotto l'ombrello, sembravamo dei profughi sbarcati con le proprie cose, i propri relitti.
Mi ricordo di avere pensato, nel momento in cui ti ho visto che mi aspettavi insieme alle buste, di avere pensato che ce la stavo facendo, che stavo trovando con te il modo in cui potevo vivere. 
Che era un modo assurdo, ma per me funzionava.
Che vedevo la luce in fondo al tunnel che fino a quel momento era stata la mia vita.
Fu un bel compleanno.
Quello che non sapevo era che la luce che vedevo non era  quella in fondo al tunnel ma quella prima di entrare nel tunnel successivo, quello definitivo.
Poco più di un mese dopo si è avviata la catastrofe che mi ha portato qui.

Quella scena, quei pensieri, quel ricordo, si confondono l'uno sugli altri, si sovrappongono alle fotografie e al tentativo di salvare tutto quanto dalla confusione.

Che fatica.
Inutile.