giovedì 4 agosto 2011

Andata e ritorno

Vado e torno.
Lo faccio spesso. Lo faccio sempre.
Se ci penso bene, tutta la mia vita è stata fin'ora un andare e un tornare. 
Prima andavo a scuola. 
Uscivo di casa in un orario che mi sembrava notturno - mi ricordo il freddo di certe mattine - prendevo l'autobus, affollato di ragazzi con le cartelle sulla schiena e di altri viaggiatori infastiditi dal volume delle cartelle sulle schiene degli studenti.
Arrivavo nel cortile della scuola con l'ansia di chi doveva trovare qualcuno che gli facesse copiare la versione che non aveva saputo fare il pomeriggio prima. 
Passavo la giornata a schivare le interrogazioni. 
Tornavo a casa con lo stesso autobus che avevo preso la mattina, stipato all'inverosimile degli stessi ragazzi, con le stesse cartelle e sentivo le stesse invettive degli altri viaggiatori, stipati insieme a noi in quello che pareva più un carro bestiame che un autobus per il trasporto urbano.
Poi è venuto il momento di cambiare percorso. 
Quello nuovo era casa - università. 
Per arrivarci dovevo prendere un autobus e un mezzo su rotaie a scelta. All'inizio percorso quotidiano, seguivamo le lezioni del primo anno in un cinema, non era verosimile, non era faticoso, sembrava di andare ad una festa piuttosto che a studiare.
Dopo l'università i passi si sono fatti più incerti. I percorsi non erano così sicuri, andavo un po' a casaccio e non sapevo bene dove mi sarei diretta il giorno dopo.  Per un periodo ho fatto la spola tra casa, studio di un avvocato e tribunale. Prendevo un sacco di mezzi diversi tra autobus e metropolitane. Ma questo tragitto è durato poco, solo un paio di anni. Non lo sentivo mio, andavo, tornavo, ma mi sembrava di non avere poggiato i passi sull'asfalto. 
Ho cambiato tragitto, allora, ho cominciato ad andare da casa a un ufficio dove ho lavorato per tre anni. 
Ogni giorno svegliarsi, uscire, percorrere lo stesso tratto di strada, prendere l'autobus, lo stesso che prendevo per andare a scuola tanti anni prima, arrivare al lavoro. Sempre alla stessa ora. Poi tornare indietro, correndo dietro all'autobus, perchè se si perde quello, l'ultimo, poi non passano più, finita la giornata. Tre anni di questo dondolio.
Poi la traiettoria è cambiata, mi sono introdotta nelle viscere di Napoli, nei vicoli bui del centro storico, passando nelle caverne tracciate dalla metropolitana. 
Ma era sempre un andare e venire, sempre un dondolarsi tra un uscire e un tornare dentro. Giorno dopo giorno, e poi dopo mese e poi dopo anno.
Quando anche questo è finito mi sono accorta che il mio andare e venire non è finito affatto, ha solo preso un diverso periodo, non  più quotidiano, un tempo più lungo mi separa tra una andare un tornare e l'andare successivo.


Adesso il mio percorso è più lieto ma parecchio più articolato: prendo prima la metropolitana che mi porta alla stazione, poi prendo un treno che mi deposita in una seconda stazione. A questo punto mi dirigo verso una seconda metropolitana che mi lascia sul binario di una seconda stazione e poi prendo un altro treno che mi lascia sulla banchina della terza e definitiva stazione, dove trovo ad aspettarmi la persona che ha cambiato la mia vita e il mio percorso.
Sembra complicato, ma una volta compresa la traiettoria, non è molto diversa dalle precedenti.
Così ancora vado e torno, e aspetto ancora di cambiare percorso, oppure di non cambiarlo più, di non cambiarlo mai.

1 commento:

  1. CARA TRA UN'ANDATA E UN RITORNO, BELLI, BRUTTI, FATICOSI O LIETI CHE SIANO STATI C'E' SEMPRE STATO QUALCUNO AD ASPETTARTI......UN AMICO DI CLASSE, UN COMPAGNO DI UNIVERSITA' UN COLLEGA....O UNA COLLEGA CHE ANCORA TI ASPETTA.
    UN BACIONE

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