giovedì 11 ottobre 2012

Lotteria Italia

Ieri sera ho preso la funicolare che dal Vomero porta "giù Napoli" a via Toledo. O via Roma. 
E' quella una delle tante strade della città che ha molti nomi perché ha avuto molte vite. Si chiamava originariamente via Toledo, poi ha preso il nome di via Roma in tempi molto più recenti, poi, in omaggio alle cose antiche e al suo antico cuore il vecchio nome le è stato restituito con il risultato che ognuno la chiama come preferisce a seconda del suo cuore, dei suoi ricordi e delle sue consuetudini.
Avevo appuntamento con un'amica. Io come al solito ero in anticipo, lei un poco in ritardo. 
Così sono rimasta sulla strada ad aspettarla per una decina di minuti, forse di più.
Accanto a me c'era una bancarella. 
Non ci ho fatto subito caso perché su via Toledo, che io però preferisco chiamare via Roma, chi sa questa preferenza cosa rivela del mio cuore, c'è una tale confusione, un via vai impazzito e un numero di bancarelle, ambulanti e questuanti che impedisce di vedere alcunché.
Erano le sette e mezza ed era buio. 
Anche il buio che prima amavo tanto e che oggi mi spaventa e mi disorienta, come mi spaventa e mi disorienta ormai ogni cosa, forse mi ha impedito di rendermi immediatamente conto di quello che mi accadeva intorno. 
Guardavo ogni cosa senza vedere nulla.
Davo le spalle al piccolo banco che avevo notato appena arrivando, e una voce profonda e cavernosa mi ha fatto sobbalzare.
"Lotteria Italia!" chiamava una vecchia. 
Non è stato l'urlo che mi ha colpito ma il tono della voce. 
Un richiamo abituale, lanciato senza intonazione, con indifferenza, come si compie un servizio abusato, noioso, un atto dovuto.
Mi giro e vedo una signora con l'aspetto di una strega, i capelli bianchi e crespi, le mani nodose e le unghie acuminate.
Nonostante tutto, il suo sembrare una strega cattiva, la bancarella, il grido lanciato e la situazione in generale, era molto tranquilla e composta. 
Ogni tanto, mandava il suo richiamo "Lotteria Italia, lotteria!", altrimenti stava in silenzio e fissava un poco nel vuoto. Qualcuno si è avvicinato a comprare i biglietti.
A un certo punto, un altro ambulante, che vendeva cianfrusaglie, anche lui lanciando un richiamo che si confondeva nel rumore della strada, è passato davanti a noi e le ha fatto il verso. 
Lei si è un po' arrabbiata, un po' no e gli ha risposto per le rime.
Poi, siccome io stavo vicino a lei, si è rivolta a me per commentare l'accaduto: "E' un ragazzo scostumato, ma non è cattivo, ogni volta che passa mi sfotte" mi ha detto.
Io presa alla sprovvista le ho risposto: "Ci vuole pazienza con questi ragazzi, sono maleducati", e ho fatto per girarmi e per continuare a farmi i fatti miei.
Ma lei si vede che si era annoiata di stare lì sola, era buio ormai, forse stava per andare a casa. 
Voleva fare ancora due chiacchiere.
Ha chiamato, con quella sua voce roca e profonda il suo cagnolino: "Lady!" e subito Lady è apparsa scodinzolando. Un bastardino molto pulito, curato e con un bel collare.
Mi ha detto: "Sta con me da dieci anni, siamo io e lei da sole, la mattina mi sveglia e vuole subito uscire, se ne viene a via Roma a fare la passeggiata. E' molto intelligente, capisce tutto e si fa capire, mi accompagna sempre tutti i giorni al mio lavoro e poi la sera ce ne torniamo a casa. Adesso si è stancata e mi sta dicendo che se ne vuole andare."
Io ho fatto un po' di ciance al cane, poi è arrivata la mia amica. Ho salutato la signora e me ne sono andata per la mia strada.
Ma mi torna ancora in mente la sua voce, i suoi capelli bianchi e crespi, la sua compostezza.
Il cane, i biglietti della lotteria.
Non so nemmeno bene cosa ho pensato, cosa ancora adesso sto pensando.
Ho pensato a quella donna sola, mi sono chiesta come vive, probabilmente in un basso poco lontano, se c'è qualcuno che si preoccupa per lei, probabilmente no.
Non mi sembrava triste solo molto tranquilla, forse serenamente rassegnata alla sua vita, ai suoi biglietti della lotteria, alla sua solitudine e a quel richiamo che lanciava con la sua voce profonda ma indifferente.
Ho pensato a lei, a me, al destino, alla fine delle vite, ai cani e alla solitudine, alla mia città e a come si possa sopravvivere nei modi più strani e complicati, con l'aria che sia invece normale.
Ho pensato alla lotteria e a quei biglietti sistemati ordinatamente su un banco da niente messo in mezzo a una strada.
Questi pensieri mi mettono tristezza e nemmeno so perché.
Un tristezza che ha il sapore della sconfitta e della rassegnazione, come il tono di voce della signora, un tono senza intonazione, appunto.
La prossima volta che passo le compro un biglietto. 

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