giovedì 23 agosto 2012

Io tu e le cose

La sveglia con i caratteri luminosi sempre sul comodino, accanto alla sveglia il bicchiere, sempre lo stesso, il mio bicchiere, pieno d'acqua per il caso che abbia sete di notte.
Nella presa di corrente poco lontano la lucina rossa che si usa per i bambini che hanno paura del buio, perché anche io sono una bambina che ha paura del buio.
Nella borsa una serie di oggetti utili, dalle pillole per il mal di testa, al filo interdentale, passando attraverso penne, biglietti per l'autobus di varie città, un quadernino, lo stick per le punture delle zanzare e l'autan, un ventaglio d'estate, una sciarpa e dei guanti d'inverno, il burro di cacao, la rubrica con i numeri di telefono in caso non possa usare o dimentichi il cellulare e chiaramente il cellulare, in alcuni momenti ne ho addirittura avuti due.
Ho delle borse enormi e spesso molto pesanti.
L'elenco di oggetti diventa quasi infinito quando preparo le valigie, fosse pure per passare fuori una sola notte.
In quel caso porto i tappi per le orecchie perché i rumori mi rendono nevrastenica; la sveglia da viaggio perché devo poter sapere in ogni momento della notte, a che punto è, la notte; la lucina perché ho paura del buio, le pantofole perché a piedi scalzi cammino solo a casa mia; una piccola torcia perché se devo andare in bagno in un posto che non conosco ho bisogno di illuminare la strada; una bottiglia di acqua e tutta la mia serie di aggeggi per il bagno: saponi, uno per ogni pezzo del corpo da lavare; pinzette, forbicine, spugne, fazzoletti struccanti, acetone e chi più ne ha più ne metta.
Mai nella vita sono riuscita a comporre un bagaglio che non fosse pesante in un modo vergognoso. Mentre le persone che viaggiavano con me portavano tutt'al più una borsetta, io mi trascinavo dietro un trolley formato macigno.
Tutto questo, mi rendo conto, è un vano tentativo di arginare le maree dell'imprevedibile usando, come la bacchetta magica delle fate, gli oggetti che mi porto dietro instancabilmente.
Se potessi mi porterei dietro tutta la casa, come una tartaruga.
Come se poi non fossi abbastanza grande da sapere che la vita non fa altro che coglierti di sorpresa, e che le sorprese che avresti bisogno di fronteggiare sono sempre quelle brutte, perché quelle belle si accettano immediatamente e con gioia e senza pensarci sopra un momento.
Non è possibile trovare la risposta giusta alle domande che ti fa la vita solo prendendo penna e quaderno dalla propria borsa; non si può fare fronte all'abbandono della persona che ami prendendo una pillola oppure accendendo una torcia con la quale tutt'al più si può arrivare in fondo al piccolo buio di una stanza sconosciuta; non si può imparare a camminare da soli portando una bussola in tasca.
Ma non c'è niente da fare, tutta questa mole di oggetti io me la trascino dietro come se fossero rimasti incagliati nella rete di una barca di pescatori, una barca che va avanti e poi ancora avanti, nel suo piccolo mare buio senza riuscire mai a vedere la riva.
Il mio porto di attracco non da segno di sé.


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