Passeggiavo, qualche giorno fa
per una strada che non percorro mai, per una strada che non mi piace, sempre
affollata da persone rumorose e sguaiate.
Cercavo di uscirne alla svelta,
era sera, volevo svincolarmi da quella folla, quando vedo venire nella direzione
opposta alla mia, una ragazza che conosco da tanti anni, ma che da molto tempo
non mi era più capitato di incontrare. Non proprio una mia amica, piuttosto una
conoscente, una persona che avevo dimenticato di avere dimenticato.
Ma guarda, ho pensato, allora
vive ancora qui, non è emigrata altrove come quasi tutto il resto dei miei
coetanei.
Giusto il tempo di riconoscerla e
ho notato che teneva per mano una bambina.
Che bello, ho pensato, ha avuto
una figlia. La bambina poteva avere quattro o cinque anni, la mamma, cioè la
mia amica dimenticata, la portava per mano e tutte e due camminavano, con passo
svelto, per tornare a casa.
La mia amica aveva uno sguardo
molto corrucciato, uno sguardo che ho imparato a riconoscere, quello delle
donne che mentre fanno una cosa stanno pensando ad altre cinque: “chi va a
prendere la bambina domani a scuola? Lo dico sempre a mio marito ma lui poi
finisce che si dimentica; la pastina al sugo l’ha mangiata stamattina, stasera
devo cucinare un po’ di carne; devo telefonare all’avvocato, mi devo ricordare
di pagare la bolletta domani prima di andare al lavoro; forse mia madre può
venire a tenerla se usciamo domani sera” cose del genere.
Insomma aveva quella tipica
espressione da mamma/moglie/donna che lavora.
Mi ha fatto piacere vederla e constatare
che vive, sta bene e la sua vita va in una direzione, qualunque essa sia.
Poi ho pensato che “prima”, un
prima non meglio identificato nel tempo, ci saremmo fermate, ci saremmo
scambiate un attimo, un saluto, un sorriso e i nostri occhi non sarebbero stati
frettolosi e un po’ infossati.
Soprattutto “prima” ci saremmo
chieste del nostro futuro: ciao, come stai, cosa fai, cosa farai, questo ci
saremmo dette. Ho pensato anche che era meglio che non avessimo avuto modo di
scambiare una parola, perché non avevo voglia ultimamente di sapere niente di
nessuno, né di raccontare niente di me. Poi però mi sono fermata un secondo e
mi sono chiesta che cosa è successo, cosa mi è capitato, da rendermi frettolosa
e poco incline alle improvvisazioni del caso, cosa è successo anche agli altri,
che corrono quanto me, che sono seccati e stanchi quanto me?
La risposta banale è che siamo
cresciuti, siamo diventati “grandi”.
E quando è successo, e perché io
non mi sono accorta di nulla?
All’improvviso i piccoli particolari
sono percettibilmente diversi, tutto intorno a noi sembra restato uguale,
stesse strade, stessi percorsi, stessi amici, stesse frasi dette e ridette,
stesse battute a cui si risponde sempre con le stesse risata, e poi? Siamo noi,
quelli di allora, che non siamo più gli stessi.
Ma la trasformazione quando è
avvenuta?
Io ho continuato a vivere ogni giorno,
a fare cose quotidiane, ad alzarmi, a lavorare a tornare a casa, e non mi sono
accorta di nulla.
Intorno a me, le cose mantenevano
le loro solite posizioni. Quando facevo l’appello delle forze del bene, erano
tutte lì a rassicurarmi contro le forze del male.
Ma non era vero, non era esattamente
così.
Erano lì senza esserci veramente.
Qualcosa si stava spostando in una direzione, senza che né lo spostamento né la
direzione fossero visibili.
Ora la direzione si sta mostrando
all’orizzonte.
Stiamo diventando adulti, lo
siamo belli e che diventati.
Stiamo ingrassando, le nostre
rughe di espressione si stanno accentuando. Siamo cominciando ad ammalarci, a
divorziare, a portare gonne più lunghe e scarpe più basse. I nostri amici
stanno perdendo i capelli e stanno mettendo su pancia.
I nostri occhi si fanno
sfuggenti, quando ci incontriamo non parliamo più del futuro, ma del passato,
quando va bene del presente presentissimo, più tardi, oggi, stasera, domani al
massimo. Ti trovo bene, sei proprio come eri.
Sì sì, vediamoci magari che mi fa
piacere.
E' come quando viaggiamo in auto su un rettilineo o su un aereo. Tutte le nostre azioni sono uguali a prima, stessi gesti, stessi pensieri, stesse esigenze (o quasi) ma poi ci ritroviamo dall'altro lato del mondo...
RispondiEliminaè vero, non ci avevo mai pensato, ma è proprio così.
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